SCONTRO LATERALE

T R I B U N A L E D I
F E R M O

SENTENZA
(art.544 e segg. c.p.p.)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI FERMO - SEZ. PENALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA IN PERSONA DEL GIUDICE

DR. GIUSEPPE LUIGI FANULI

Alla pubblica udienza del 14/1/2004 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

Nei confronti di:
1) XXXXXXX n. il .......... a ...............

-LIBERO ASSENTE-

Avv. Mariano Franchi del Foro di Fermo, di fiducia

2) YYYYYY n. il .......... a

-LIBERO PRESENTE-

Avv. ti Francesco De Minicis e Gianluca Silenzi, di fiducia

IMPUTATI

ENTRAMBI:
A) Del delitto p. e p. dagli artt. 81, 113, 589 commi 1°-2°-3° c.p. perché, in cooperazione colposa tra loro, il primo: mentre percorreva la S.P. Val Menocchia con direzione monti-mare alla guida della vettura Mercedes 190 tg. .......... per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e per violazione degli artt. 141 commi 1,2 e 3, 142 comma 1, 143 comma 1 Codice della Strada e precisamente per aver tenuto una velocità di circa 82-85 chilometri orari e quindi superiore al limite massimo di 70 chilometri orari vigente nella zona e comunque nell’aver mantenuto una velocità eccessiva e non adeguata alle condizioni di luogo (strada larga circa 6 metri, presenza di curva, tratto di strada fiancheggiato da edifici) nel non aver circolato sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della stesse e nell’aver invaso la corsia di marcia dell’autobus Fiat Menarini C 10 tg. ......... condotto dal YYYYYY;
il secondo: mentre percorreva la S.P. Val Menocchia con direzione mare-monti (dunque nel senso opposto alla vettura sopra indicata) alla guida dell’autobus Fiat Menarini C 10 tg. ..........., per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia consistita nel viaggiare a velocità sostenuta e comunque non commisurata allo stato dei luoghi, nel marciare non mantenendo strettamente la propria mano destra in violazione dell’art. 143 1° comma Cod. Strad., nonché nel consentire che la passeggera dell’autobus KKKKKK stesse appoggiata, colloquiando con lui, al cruscotto del citato autobus con le spalle al parabrezza anziché seduta sui sedili (così impedendogli altresì la visibilità della strada), cagionavano la morte della passeggera dell’autobus KKKKKK, la quale veniva sbalzata fuori dell’autobus a seguito della collisione laterale dei veicoli e del rovesciamento del citato autobus nella scarpata limitrofa alla strada e così decedeva a seguito dello schiacciamento.
In Cupra Marittima il 18/11/2000

Solo il XXXXXX:
B) Del delitto p. e p. dagli artt. ... OMISSIS ... (non riguarda l'incidente)

CON LA PARTECIPAZIONE DELLE PARTI CIVILI:

1) ............
2) ............
3) ............
Avv. Norberto Dionisi del Foro di Fermo

4) ...........
5) ...........
Avv. Mauro Cocci

CONCLUSIONI

Il Pubblico Ministero ha concluso per la condanna dell’imputato XXXXXX al minimo della pena e per l’assoluzione del YYYYY ex art. 530 co. 2 c.p.p.

I Difensori delle parti civili hanno concluso come da separati atti, allegati al verbale di dibattimento in uno con le note spese

La Difesa del XXXXXX ha concluso per l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto

La Difesa del YYYYYY ha concluso per l’assoluzione dell’imputato, in subordine per la condanna al minimo della pena, riconosciuto una minima responsabilità concorsuale.

FATTO E DIRITTO

Il G.U.P. in sede disponeva il rinvio al giudizio di questo Tribunale di XXXXXXXX e YYYYYYY, per rispondere dei reati segnati in rubrica.

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, veniva disposta perizia al fine della ricostruzione del sinistro; acquisita ex art. 493 co. 3 c.p.p. la relazione medico-legale del dr. Cacace e le relazioni dei consulenti tecnici di parte Ing. Lanciotti, p.i. Ciuti e Ing. Mercanti; acquisiti ex art. 513 co. 1 c.p.p. i verbali degli interrogatori resi nel corso delle indagini preliminari dagli imputati che non si sono sottoposti al richiesto esame dibattimentale; escussi i testi ... omissis... (26 testi).

Veniva infine escusso il perito Esperide Giorgio Massimo, in contraddittorio con i consulenti di parte.

All’odierna udienza all’esito della discussione, Pubblico Ministero, Difensori delle Parti Civili e Difensori dell’imputata formulavano le rispettive conclusioni, come sopra indicate.

Va anzitutto evidenziato come le prove testimoniali non siano apparse completamente genuine. I testi –o per lo meno, la maggior parte di essi - hanno risentito del condizionamento psicologico derivante dalla conoscenza prolungata e dalla quotidiana frequentazione con l’imputato YYYYY, condizionamento a cui non è sembrata estranea una condotta non particolarmente cristallina dello stesso YYYYY. Ne è risultato un quadro probatorio, su alcune circostanze, contraddittorio e non affidabile.
Tali considerazioni riguardano, in particolare, la circostanza relativa alla posizione assunta dalla vittima al momento del sinistro e la velocità tenuta dal YYYYY nell’occasione e, soprattutto, la vicenda di cui al capo B).

Ciò premesso, va detto che la sostanziale inattendibilità delle prove testimoniali incidono sull’esito del giudizio solo in ordine al reato di cui al capo B), ma non influiscono in modo rilevante sulla ricostruzione del fatto di cui al capo A) e sulla conseguente valutazione giuridica dello stesso, per le ragioni che si esporranno.

Esaminando, anzitutto, il reato di cui al capo B), si ritiene ... OMISSIS ... (non riguarda l'incidente).

Passando ad esaminare il reato di cui al capo A), va detto che le ricordate contraddizioni e inaffidabilità testimoniali appaiono sostanzialmente ininfluenti ai fini della decisione: da un lato, infatti, quanto dichiarato dai testi in ordine alla velocità tenuta dal YYYYY – che esprime giudizi come tali inibiti al teste - appare superata dalla ricostruzione tecnica operata dal perito, dall’altro, la circostanza relativa alla posizione occupata all’interno dell’autobus dalla vittima al momento dell’incidente se esclude una ricostruzione completa in ogni suo dettaglio del fatto nella sua accezione meramente “storica”, non incide sull’accertamento del fatto di reato nella celebrata e sempre attuale accezione che fu propria del Delitala.
In realtà, gli elementi raccolti, pur con qualche – naturale - margine di ambiguità depongono inequivocabilmente nel senso della penale responsabilità di entrambi gli imputati, sia pure con ben diversi gradi di colpa.
In particolare, si ritiene che la relazione del perito Esperide, completa e pregevolmente espletata, rispecchi il reale andamento dell’accaduto e sia sintonico agli altri elementi di prova di sicura affidabilità.

Ebbene, secondo detta elaborazione peritale, che, per le ragioni suddette, questo giudice ritiene di porre a fondamento della ricostruzione fattuale su cui operare le proprie valutazioni giuridiche, le condotte di guida degli imputati – rilevanti ai fini delle penali valutazioni - sono individuate come segue:
il XXXXXXX:
- procedeva lungo la S.P. 94 della Val Menocchia con direzione monti/mare alla velocità di circa 82 km/h: velocità valutata con metodo tecnicamente ineccepibile ed in modo “prudenziale” dal perito che si pone in patente violazione del limite massimo consentito, di 70 km/h;
- percorrendo la curva destrorsa non marciava in prossimità del margine destro della carreggiata – ma in prossimità della mezzeria od oltre - al momento dell’urto con l’autobus: ciò in patente violazione dell’art. 143 co. 3 Cod. Strad.;
- detta condotta creava un grave intralcio alla circolazione ed uno stato di pericolo, in quanto creava una ostruzione alla marcia dell’autobus che sopraggiungeva dalla direzione contraria e che – per le sue dimensioni - doveva necessariamente percorrere la curva in prossimità della mezzeria;
- successivamente, resosi conto del sopraggiungere dell’autobus dall’opposta direzione, imprimeva una deviazione verso destra, nel tentativo di evitare lo scontro, o, quanto meno, lo scontro frontale. Dopo tale brusca sterzata, non era in grado di controllare il veicolo che fuoriusciva dalla sede stradale e, dopo essere salito con le ruote di destra sopra un greppo, si ribaltava.

La gravissima responsabilità del XXXXXXX è sin troppo evidente.
Anzi, tenendo conto delle concordanti testimonianze dei soggetti che ebbero occasione di assistere al momento dell’urto, e che hanno riferito di una chiara invasione di carreggiata da parte del XXXXXXX, la ricostruzione del perito appare equilibrata e “prudenziale”.
Non solo: detta ricostruzione trova sostanziale conforto nelle dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari dall’imputato ed acquisite con il verbale di interrogatorio dello stesso, ex art. 513 co. 1 c.p.p..
Il XXXXXX, in sede di interrogatorio, ha sostanzialmente ammesso di aver dichiarato, in sede di spontanee dichiarazioni, che, prima della collisione, si era tolto gli occhiali in quanto era entrato un moscerino tra gli occhiali stessi e il proprio occhio sinistro. Così, continuando la marcia, con la mano destra aveva tenuto il volante e con la mano sinistra aveva cercato di pulire gli occhiali. Dopo essersi rimessi gli occhiali aveva chiuso a mano il vetro della portiera e nello stesso istante, a metà della curva destrorsa che nel frattempo aveva raggiunto, improvvisamente aveva visto l’autobus provenire dalla opposta direzione. Orbene, il fatto che il XXXXXXX abbia ammesso – nel corpo del verbale di interrogatorio - il “fatto storico” di aver reso dette dichiarazioni, rende le medesime oggetto di valutazione da parte del giudicante, in uno con le giustificazioni fornite dallo stesso imputato a sostegno della “ritrattazione” delle stesse. Giustificazioni che appaiono del tutto inverosimili: il XXXXXXX, infatti, ha sostenuto di aver parlato del “moscerino” in quanto era in confusione, per cui non si era spiegato bene, e che, poi, aveva sottoscritto il relativo verbale, pur non rispondente al suo pensiero, in quanto erano le ore 20 della sera e non vedeva l’ora di andar via (sic!). In uno con la ritrattazione della precedente versione, l’imputato ha sostenuto che era stato l’autista dell’autobus ad invadere la sua corsia di marcia: il tutto in palese contrasto con le altre, convergenti risultanze probatorie.
Orbene, confrontando le due diverse versioni, entrambe “acquisite”, per effetto delle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio, è evidente che la seconda non regge ad un pur superficiale vaglio critico. Per cui, anche a non voler ammettere che la precedente versione possa valere a tutti gli effetti come un’ammissione di reità, sicuramente l’evidente mendacio che contraddistingue la versione “definitiva” deve essere valutato – secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte - a carico dello stesso imputato.

Passando alla condotta del YYYYY essa va tecnicamente ricostruita, sulla base del medesimo elaborato peritale, come segue:
Il YYYYY:
- percorreva la S.P. 94 con direzione mare/monti, alla velocità di circa 72 km/h: quindi superando di poco o comunque marciando in corrispondenza del limite massimo stabilito sul tratto di strada interessata;
- la velocità tenuta era, comunque, non commisurata alle circostanze di luogo (curva - corsia di marcia ridotta) e alle caratteristiche del veicolo che guidava e la fascia d’ingombro che avrebbe occupato nel percorrere la curva. Invero, considerata la fascia d’ingombro che realmente avrebbe occupato nel percorrere la curva per lui volgente a sinistra, in corrispondenza della quale si era scontrato contro la Mercedes, il YYYYY non aveva altra possibilità che quella di procedere in prossimità della mezzeria: proprio per questo avrebbe dovuto mantenere una velocità particolarmente moderata e comunque decisamente inferiore a quella tenuta;
- successivamente, resosi conto del sopraggiungere della Mercedes dall’opposta direzione, che creava un intralcio alla circolazione, imprimeva una deviazione verso destra, nel tentativo di evitare lo scontro, o, quanto meno, lo scontro frontale. Dopo tale brusca sterzata, non era in grado di controllare il veicolo che fuoriusciva dalla sede stradale, raggiungeva il pendio che costeggiava il lato destro della strada, risultando poi ingovernabile per la precaria stabilità in cui era venuto a trovarsi su quella costa discendente: con conseguente ribaltamento ed ulteriori evoluzioni, a seguito del che la trasportata KKKKK perdeva la vita.

Al riguardo il YYYYY, in sede di interrogatorio, ha dichiarato di aver perso il controllo del mezzo a seguito del violento urto subito ad opera della Mercedes condotta dal XXXXX. Anche tali dichiarazioni sembrano essere sostanziali ammissioni di imperizia o negligenza nella guida del mezzo, al momento del sinistro. Ciò in quanto dai ricordati accertamenti tecnici è inequivocabilmente emerso che la collisione tra i mezzi non fu violenta.

Ciò premesso è evidente che il maggior grado di responsabilità – quantificabile nell’ 80% - sia da addebitare al XXXXXX, stante la rimarcata, grave connotazione colposa della condotta di guida dello stesso.

Ma non può essere mandato esente da responsabilità – contrariamente a quanto sostenuto, pur con adeguata motivazione, anche dal P.M. d’udienza - il YYYYY in quanto, alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che l’evento mortale non si sarebbe verificato se lo stesso avesse tenuto una condotta prudente di guida – marciando ad una velocità molto più moderata e prestando maggiore attenzione alla guida - che gli avrebbe consentito di compiere una non negligente ed imperita manovra di emergenza in conseguenza della quale – per evidente nesso di causalità materiale - si è verificato l’evento lesivo.

Al riguardo va ricordato il consolidatissimo indirizzo della Suprema Corte, secondo cui il conducente deve mantenere una velocità adeguata alle circostanze concrete e, in ogni caso, idonea a consentire il controllo del mezzo anche con riferimento a condotte imprudenti altrui e di essere in grado, se necessario, di fermarsi immediatamente senza mettere in pericolo l’altrui incolumità (cfr., ex plurimis, CASS. 19/6/1987, Chini). Nel caso in esame la velocità del YYYYY, come già detto, non era assolutamente adeguata alle ricordate circostanze e tale eccesso di velocità –oltre ad una guida presumibilmente non attenta- non ha consentito di adottare una efficace e diligente manovra di emergenza.
Al riguardo va ricordato il condiviso indirizzo della Suprema Corte secondo cui l’obbligo di attivarsi con efficaci manovre di emergenza esiste anche quando il pericolo sia stato determinato da altri (cfr. CASS. 8/1/1982, Corinti). In ogni caso tale obbligo opera quando, come nella specie, la situazione di pericolo sia stata determinata anche dalla condotta colposa – velocità inadeguata - dell’agente (cfr., tra le altre, CASS. 20/10/1981, De Doma). Nel caso in esame la manovra di emergenza vi è stata, ma è stata talmente imperita e negligente da essere stata la causa immediata dell’evento, evento che non si sarebbe verificato se il YYYYY non avesse sterzato in modo scomposto verso il “precipizio” e ciò anche nel caso in cui si fosse limitato a fermare la marcia del mezzo, atteso che in tale ipotesi l’impatto –anche in considerazione della contestuale manovra del XXXXX - non avrebbe avuto simili effetti devastanti.

La colpa degli imputati – così come graduata - appare così del tutto evidente.

Per completezza si evidenzia che il fatto che siano stati accertati a carico degli imputati (ed in particolare del XXXXX) profili di colpa ulteriori rispetto a quelli contestati nell’imputazione non comporta assolutamente violazione del principio della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza ex art. 521 c.p.p..

Ci si limita qui a richiamare il consolidatissimo e condivisibile insegnamento della Suprema Corte, secondo cui “nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell’obbligo della contestazione suppletiva di cui all’art. 516 c.p.p. e dell’eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell’art. 521” (cfr., ex plurimis, CASS. Sez. I, 15/2/1997 n. 11538).

Va quindi affermata la penale responsabilità degli imputati in ordine al reato di cui al capo A).

Passando ad affrontare le problematiche relative al trattamento sanzionatorio si ritiene che al YYYYY possano essere concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante. Valutati i parametri di cui all’ art. 133 c.p., equa appare la pena di mesi otto di reclusione.

Una pena ben più elevata va irrogata al XXXXX il quale, oltre ad aver tenuto una condotta di guida gravemente colposa denotante il sostanziale disinteresse per il pericolo di danno ad altri, ha sostenuto tesi palesemente smentite dalle risultanze probatorie e smentito, con argomentazioni che offendono il comune buon senso, le originarie dichiarazioni rese ex art. 350 co. 7 c.p.p..
Con il che, tra l’altro non mostrando alcun segno di resipiscenza (nel senso che tale espressione può avere con riferimento a delitti colposi) rispetto alla gravissima condotta che ha cagionato la morte di una giovane studentessa la cui una “colpa” è stata quella di trovarsi all’interno dell’autobus di cui all’imputazione: il che sottende una mancata – preoccupante - rappresentazione e consapevolezza della propria negligenza, imprudenza ed imperizia con riferimento al fatto in questione (di cui si è rimarcata la gravità).
Si ritiene pertanto, valutati i parametri di cui all’art. 133 c.p., che debba considerarsi congrua la pena di anni due e mesi dieci di reclusione.

Segue, per legge, la condanna degli imputati, in solido, al pagamento delle spese processuali.
A norma del 2° comma dell’art. 222 D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 va disposta nei confronti degli imputati la sospensione della patente di guida per le durate- ritenute congrue, con riferimento ai rispettivi gradi di responsabilità- di cui al dispositivo.

Sussistono (solo) per il YYYYY le condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in quanto si ritiene che - per effetto della presente condanna - lo stesso si sforzerà di tenere una più attenta condotta di guida.

Gli imputati, infine, vanno condannati, in solido (ex art. 2055 c.c.) al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da liquidarsi in separata sede – così come richiesto dalle stesse parti civili - e al rimborso delle spese processuali sostenute dalle stesse parti civili, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI FERMO

Visti gli artt. 533,535 c.p.p. dichiara XXXXXXX e YYYYYY colpevoli del reato loro rispettivamente ascritto sub capo A) e concesse al solo YYYYYY le attenuanti generiche, da ritenersi equivalenti alle contestate aggravanti, condanna il XXXXXX alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione e il YYYYYY alla pena di mesi otto di reclusione e, in solido, al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa per il solo YYYYY.
Dispone la sospensione della patente di guida nei confronti di entrambi gli imputati per una durata che determina in mesi tre per il YYYYY e in anni uno per il XXXXX.
Accertato che nella causazione dell’evento la responsabilità del XXXXXX va quantificata nell’80% e quella del YYYYYY nel 20%, condanna gli imputati, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede e al rimborso delle spese di costituzione ed assistenza dalle stesse parti civili sostenute che liquida, a favore delle parti civili ....., per l’intero, in complessivi €. 8.000,00 e per le parti civili .........., per l’intero, in complessivi €. 8.000,00.
Visto l’art. 530 co. 2 c.p.p. assolve il YYYYY dal reato di cui al capo B) perché il fatto non sussiste.
Fermo, il 14 gennaio 2004

                                                                                                          IL GIUDICE